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    Probabilmente aveva ragione, la nonna di Alison. I matti erano ormai fuori dai manicomi, sebbene quel termine intendessi semplicemente che bisognava a volte avere più paura delle persone per così dire normali --senza disturbi diagnosticati, insomma-- perché non si poteva mai sapere se prima o poi sarebbero scattate dimostrandosi per quel che erano veramente.
    <<La saggezza dei nonni è spesso lungimirante.>> Osservai, con un leggero sorriso sulle labbra, rima che quel discorso decadesse per lasciare il posto ad uno nuovo.
    Quando poi dissi ad Alison che ero un insegnante, la ragazza sembrò lì per lì restare sorpresa. Allora era proprio vero, che per via della mia giovane età e del mio aspetto la gente non mi prendeva sul serio. Come se poi dovessero essere tutti vecchi, gli insegnanti.
    <<Non sei la prima persona che si sorprende quando le spiego che tipo di lavoro faccio.>> Le rivelai con un pizzico di ironia, guardandola con la coda dell'occhio. <<All'inizio anche con gli studenti è spesso così. I ragazzi pensano che la giovane età sia sinonimo di polso morbido, mentre le ragazze bé... diciamo che a volte sono poco interessate alla storia.>> Chiacchiericcio ed occhiate sognanti --ai miei occhi, nella migliore delle ipotesi, al mio fondoschiena nelle peggiori-- erano pressoché all'ordine del giorno quando prendevo una nuova classe: ci avevo ormai fatto il callo, per così dire, e mi impegnavo perché gradualmente gli studenti si appassionassero anche alle materie che insegnavo, non solo a me. Di solito dovevo ammettere che ci riuscivo in maniera agevole ed in tempi rapidi, contando sia sull'esperienza che sulla naturale influenzabilità degli adolescenti.
    <<Non penso di averti mai incrociato nei corridoi.>> Dissi distrattamente quando Alison affermò che anche lei aveva frequentato la Preston. Era una scuola piuttosto grande, ma avevo una buona memoria fotografica, quindi probabilmente la ragazza aveva concluso gli studi prima del mio arrivo. <<Da quanti anni sei diplomata?>>

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    Cominciavo davvero a stupirmi. Più parlavo con Daniel e più avevo l'impressione che fosse una persona aperta, socievole e alla mano. Tutto l'esatto opposto di quello che avevo temuto potesse essere, insomma. E nonostante dimostrasse qualche anno in più di me, per quanto non riuscissi a dargli un'età precisa, e avesse l'aria di una persona mentalmente calibrata, assecondava i miei discorsi deliranti con una tranquillità e una naturalezza disarmanti. Perfino le cazzate più assurde che sparavo sembravano prendere improvvisamente senso, quando mi rispondeva in quel modo tanto pacifico. Anche le parole di mia nonna apparvero meno fuori luogo e meno assurde di quanto non fossero in realtà.
    Sì...suppongo abbiamo il tempo e l'esperienza a dargli man forte, notai, stringendomi nelle spalle. Per quanto, in realtà, i tempi siano cambiati a una velocità mostruosa, rispetto a quando erano giovani loro, aggiunsi poi, prima di scoprire che Daniel era un insegnante della mia vecchia scuola. Cercai di nascondere la sorpresa, ma ovviamente non mi riuscì troppo bene e, con un certo divertimento, sentii Daniel ammettere che capitava piuttosto spesso che la gente restasse stupita quando scopriva qual era il suo lavoro.
    No, beh, ecco, non è perché non sembri un insegnante, cioè non lo sembri, ma non è per quello che..., tentai, inalberandomi come al solito. Insomma, sì, sembri piuttosto giovane per essere un professore...cioè, sembra...lei...tu? Ehm, incespicai, schiarendomi la voce nel tentativo di schiarirmi anche le idee. Mi ha fatto strano il fatto che insegni nella mia vecchia scuola, buttai lì alla fine, cercando di salvare malamente capra e cavoli.
    Ho finito la scuola quattro anni fa, risposi, quando mi chiese da quanti anni ero diplomata. Sì, lo so che sembro più piccola. Me lo dicono tutti. Spesso mi chiedono ancora i documenti per l'alcol, confessai, roteando gli occhi. Sì,. insomma, non che beva particolarmente tanto...giusto una volta ogni tanto..., precisai, improvvisamente in soggezione all'idea di avere a che fare un professore.
    Manco andassi ancora al liceo, cretina, mi ammonì la mia vocina interiore, che era incredibilmente (e fortunatamente) rimasta in silenzio fino a quel momento.
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    Da quando le avevo rivelato di essere un professore, Alison si era sentita nuovamente sulle spine e ciò si traduceva in una serie di dubbi e di discorsi imbarazzati che mi facevano leggermente sorridere. Quell'atteggiamento mi lasciava supporre che Alison fosse stata, a suo tempo, una studentessa modello, a cui il giudizio degli insegnanti importava. Decisamente una rarità, negli ultimi anni.
    <<Non devi darmi di nuovo del lei solo perché ti ho detto che sono un professore.>> Le feci notare con un sorrisetto ed una punta di ironia. <<O vuoi farmi sentire vecchio?>> Non sapeva quanto effettivamente lo fossi, o probabilmente Alison sarebbe davvero scappata a gambe levate, oltre a rimangiarsi il fatto che sembravo piuttosto giovane per essere un docente.
    Quando mi disse che lei si era diplomata da poco, mi girai a guardarla con un velo di sorpresa, poiché effettivamente le avrei dato all'incirca venti anni, non di più. <<Il fatto di sembrare più piccola può essere un vantaggio tra qualche decina di anni.>> Scherzai, osservando che magari quella che ora le sembrava una scocciatura, per la Alison cinquantenne sarebbe stata una grande soddisfazione. Chi, dopotutto, non voleva sembrare più giovane? <<E comunque puoi stare tranquilla, hai esattamente il volto di un'alcolista.>> La presi bonariamente in giro, in risposta alle sue precisazione sul fatto che bevesse qualche drink alcolico solo una volta ogni tanto. Anche se ero un professore, non ero certamente anche un bigotto che portava alla sbarra chi consumava con moderazione l'alcool: al contrario, non ci vedevo assolutamente niente di male e pensavo fosse giusto concedersi di tanto in tanto qualche sfizio. <<Anche un professore in alcuni casi ha bisogno di un drink, al termine di una giornata di lavoro.>> Asserii, con l'accenno di una risata sommessa. <<A volte capita che le lezioni siano più impegnative del previsto.>> Più che le lezioni, erano gli studenti ad essere spesso difficili da coinvolgere e tenere a bada.

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    Nonostante quella che era stata la mia prima impressione, Daniel sembrava davvero una persona a posto. E con un carattere piuttosto solare e socievole, il che, probabilmente, lo rendeva un professore con cui gli studenti avevano volentieri a che fare. Non mi sarei stupita nemmeno del fatto che avesse molte studentesse che gli sbavavano dietro. In fin dei conti aveva un aspetto molto giovanile e, essendo anche io dotata di un paio d'occhi, non potevo negare che fosse anche un aspetto molto piacevole.
    Cos'è, ce l'hai con gli insegnanti? Mi canzonò la mia coscienza, facendomi rimpiangere quella breve parentesi di tempo in cui se n'era rimasta zitta e buona nel suo angolino.
    N-no, assolutamente, risposi, di nuovo imbarazzata, quando Daniel mi fece notare che non c'era bisogno che gli dessi di nuovo del lei solo perché mi aveva rivelato di essere un insegnante, ammesso e non concesso che volessi farlo sentire vecchio.
    Sbirciando la sua figura con la coda dell'occhio mi chiesi quanti anni potesse avere.
    Di certo non gli davo la mia età, ma, per quanto fossi una frana nell'indovinare l'età di una persona (che novità), non riuscivo a dargli più di ventisei o ventisette anni. E per un insegnante sembravano davvero pochissimi, specialmente perché non aveva l'aria di chi era alle prime armi. Da come parlava, pareva che avesse ormai una certa esperienza in quel campo.
    È quello che mi dicono un po' tutti, osservai, roteando gli occhi, quando Daniel cercò di consolarmi dicendo che di lì a qualche anno mi avrebbe fatto piacere sembrare più giovane. Ma l'aria da alcolista non dovrebbe invecchiarmi almeno un pochino? Scherzai, stringendomi leggermente nelle spalle con aria timidamente divertita. Dicevano che l'alcol e il fumo avessero un effetto negativo sulla pelle...no? Ovviamente non bevevo così tanto e dal momento che non fumavo nemmeno non c'erano proprio le basi per un invecchiamento precoce della pelle. Però, dato che si scherzava...!
    Sì, non faccio fatica a crederci, osservai, rispondendo alle parole di Daniel. Specialmente negli ultimi tempi. Mia sorella ha iniziato il liceo da poco e se i ragazzi di oggi sono tutti come lei e per la cronaca penso proprio che lo siano...beh, non ti invidio proprio, commentai, sospirando con aria afflitta. Era raccapricciante vedere quanto stupide fossero le nuove generazioni.
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    Mi faceva piacere che finalmente Alison si fosse un po' sciolta con me, sebbene fossi abbastanza sicuro che il fatto che fossi un professore le mettesse ancora un po' di soggezione.
    <<Non direi.>> Asserii rivolgendole un'occhiata teatralmente scrutatrice, quando la ragazza mi chiese se l'aria da alcolista non la invecchiasse. <<Non mi sembra che tu abbia rughe, ma in effetti la luce della luna potrebbe mascherarle.>> Scherzai, facendole l'occhiolino. <<Dovrei valutare la situazione alla luce del giorno...>>
    Feci finta di reggere il gioco, accennando un sorriso ed una scrollata di spalle come se stessi dicendo seriamente. O meglio, non che non mi facesse piacere rivedere Alison in una situazione differente, tuttavia non credevo ci fosse davvero bisogno di condizioni migliori di luminosità per constatare che era una bella e giovane ragazza.
    <<Stai descrivendo tua sorella come un piccolo mostro.>> Le feci notare poi, con ironia, mentre mi lasciavo sfuggire una risata sommessa di fronte alle parole di Alison sulle nuove generazioni. Condividevo il suo punto di vista, almeno in parte, anche se chiaramente non poteva essere generalizzabile a tutti: la verità era che nel corso dei secoli avevo davvero osservato le generazioni di uomini cambiare, sotto ogni aspetto, e quelle piccole differenze di una manciata di anni che ad Alison sembravano --giustamente-- notevoli, ai miei occhi assumevano invece dei contorni quantomeno sfumati. <<Hai ragione, le mentalità e i comportamenti della persone cambiano nel giro di poco tempo.>> Le dissi, girando appena il collo per guardarla con la coda dell'occhio. <<Ho iniziato a lavorare come insegnante quando ero ancora molto giovane e le generazioni cambiano in fretta. A volte è difficile riuscire a far loro capire perché dovrebbero ancora studiare e comprendere discipline come la letteratura o la storia.>> Spiegai, rendendo la verità credibile senza tuttavia mentirle. <<Bisogna sempre ingegnarsi per trovare nuovi metodi. Anzi, se per caso hai qualche consiglio che funziona con tua sorella sono tutto orecchi!>> Le rivolsi un'occhiatina furba, mentre arricciavo le labbra in un sorrisetto vagamente provocatorio.

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    Rivolgendomi un'occhiata indagatrice che mi mise un tantino a disagio (ma no, che novità!), Daniel notò che, apparentemente, il consumo di alcol non aveva intaccato il mio aspetto, ma che poteva anche trattarsi di un effetto dovuto alla poca luce. In poche parole, non aveva gli strumenti per dire se l'essere un'alcolista mi aveva invecchiata o meno. Per averli, avrebbe dovuto vedermi alla luce del sole. Ammetto che non capii se la sua voleva essere una semplice battuta innocente o se c'era una nota di malizia, se così possiamo definirla. Decisi di lasciar perdere, rimandando le riflessioni a un altro momento. Tanto non ne avrei comunque cavato un ragno dal buco e dovevo già essergli sembrata abbastanza strana di mio, non era il caso di rincarare la dose perdendomi nelle mie elucubrazioni mentali.
    Che sia per questo, allora, che a volte mi scambiano per minorenne? Nei locali non c'è quasi mai abbastanza luce...adesso si spiegano tante cose, notai, portandomi una mano sul mento con aria riflessiva, come se stessi ragionando sul senso dell'universo. A volte ero davvero scema.
    Quando Daniel notò che stavo descrivendo mia sorella in un modo molto poco lusinghiero, mi limitai a stringermi nelle spalle con aria innocente, come a voler dire "non è colpa mia".
    Non è un piccolo mostro, risposi. È peggio, conclusi, con un'alzata di spalle, sentendomi istantaneamente in colpa per come stavo parlando di mia sorella. Non avevo dimenticato quello che Daniel aveva detto sulla sua famiglia, ma pareva che il mio cervello avesse deciso di ignorare spudoratamente quel dettaglio, facendomi insistere sui dissapori che regnavano in casa mia. Però è un discorso che forse è il caso di non aprire, notai, leggermente imbarazzata, cercando di riparare, probabilmente senza successo. Nonostante tutto, però, Daniel mi diede ragione dicendo che la mentalità della gente cambiava piuttosto rapidamente e che l'aver iniziato a insegnare da giovane gli aveva permesso di notare ancora meglio questa cosa.
    Nel giro di poco tempo è un eufemismo, osservai, roteando gli occhi. Mi bastava ripensare all'atteggiamento dei miei genitori nei miei confronti quando avevo l'età di mia sorella. Erano due persone completamente diverse e questa era un'altra cosa che non mancava mai di mandarmi in bestia. Con me erano stati dannatamente severi, per quanto fossi sempre stata piuttosto tranquilla, mentre a mia sorella era concesso praticamente tutto.
    Magari avessi qualche asso nella manica! Gli risposi, quando mi chiese se avevo qualche dritta da dargli su come stimolare l'interesse dei giovani. Fosse per me li prenderei tutti a calci, brontolai, sbuffando con aria infastidita. A volte facevo dei discorsi da vecchia bisbetica. Ci mancava solo che cominciassi a lamentarmi per la mancanza delle mezze stagioni.
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    Provavo una sincera curiosità nei confronti di Alison: sembrava una ragazza interessante, che a volte si dipingeva più di altri tempi di quanto in realtà non fosse. Dalle sue parole potevo tuttavia intuire come spesso si sentisse fuori luogo, in alcuni contesti come tra i suoi familiari, e come cercasse di adattarsi senza perdere se stessa.
    Mi piacevano le persone che non si lasciavano facilmente influenzare dagli altri, senza però incaponirsi per una mera questione di principio.
    <<Certo, le questioni di famiglia sono sempre estremamente personali.>> Asserii, capendo perfettamente la sua volontà di non intraprendere con me quel genere di discorso. Alison, come avevo osservato quella sera, tendeva a straparlare, ma --quando si trattava di affrontare discorsi più privati-- sapeva quindi anche essere una persona riservata.
    <<A volte, mi rendo conto nel mio lavoro, i ragazzi hanno solo bisogno di essere ascoltati.>> Osservai, guardandola con un'espressione pensierosa. <<Ci si concentra di più su quello che fanno, o che non fanno, perdendo invece di vista cosa provano in un determinato momento.>> Quanti genitori si fermavano a chiedere loro come stavamo? A chiederglielo sul serio, non limitandosi al mero stato di salute o ad una domanda superficiale? <<Oppure anche prenderli a calci, come proponi tu, può essere una valida soluzione...>> Scherzai, rivolgendole un sorrisetto furbo. <<Certo, come insegnante questa non mi sembra una soluzione percorribile.>> Aggiunsi poi, lasciandomi sfuggire l'accenno di una risata leggera.

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    Ti chiedo infinitamente scusa per il vergognoso ritardo. >.<



    Edited by *~.Miriël.~* - 28/12/2016, 19:54
     
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    Se solo ci fossero stati più insegnanti come lui, il futuro non avrebbe fatto poi tanta paura. Mi rendevo conto che un discorso del genere poteva sembrare fuori luogo fatto da una ragazza della mia età, ma mi rendevo veramente - e tristemente - conto di come stavano andando le cose. Non escludevo la possibilità che ci fossero delle eccezioni, ma nella maggior parte dei casi le ultimi generazioni facevano accapponare la pelle. Non che fosse tutta colpa loro, intendiamoci. Tutto si sarebbe potuto evitare, se i genitori avessero avuto un po' più di polso. E, nel mio caso, sapevo che i miei genitori erano più che in grado di farsi valere. Restava solo da capire perché non l'avevano fatto, così come non l'avevano fatto tanti - troppi - altri.
    Quando Daniel commentò dicendo che gli affari di famiglia sono solitamente piuttosto personali provai la tentazione di giustificarmi, di dirgli che non era tanto quello il problema, quanto il fatto che non volevo sembrare ancora più vecchia dentro di quanto già non avessi dimostrato con un discorso di quel tipo. Quel poco buonsenso che mi era rimasto, però, mi permise di tenere il becco chiuso, lasciando che Daniel aggiungesse un'osservazione personale frutto del suo contatto con i ragazzi.
    Sì, in alcuni casi forse cercare di...captare i problemi prima che sia troppo tardi può essere d'aiuto...purtroppo a volte non è tanto questione di problemi, quanto di carattere. Sono dei piccoli sbruffoni, commentai, roteando gli occhi con aria rassegnata. Ero certa che un giorno, quando avrei cominciato a scivolare inesorabilmente verso la terza età, mi sarei sentita più che a mio agio nel fare i tipici discorsi da vecchi. Li facevo già! Mi mancava solo di iniziare a lamentarmi per la mancanza delle mezze stagioni.
    Beh, diciamo che forse è anche giusto così. Gli insegnanti hanno un ruolo importante nell'educazione dei bambini o dei ragazzi, ma è giusto che siano poi i genitori a raddrizzare il tiro...troppo facile liberarsi così della patata bollente. Sono dell'idea che se si hanno dei figli si deve avere anche la responsabilità di istruirli a dovere, aggiunsi, stringendomi nelle spalle. Quante volte i miei nonni mi avevano raccontato delle punizioni che ci si beccava a scuola ai loro tempi...! Non si poteva negare che in molti casi avevano raggiunto effetti non indifferenti, ma non era giusto...e non tanto perché si trattava di violenza sui minori, quanto perché quelle punizioni non sarebbero dovute arrivare da un membro esterno alla famiglia. I tuoi genitori ti hanno messo al mondo e devono insegnarti, con le buone o con le cattive, come ci si comporta, senza delegare questo compito ad altri, insegnanti o chi per loro.
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    Naaah, non ti preoccupare ^^
    PS: ti ho sistemato il codice perché c'era un errore e ti sballava la cornice. Hai un
    CODICE
    </div>
    in più dopo il testo della role (dopo il
    CODICE
    </p>
    della formattazione del testo. Avendo tolto lo spazio della citazione avresti dovuto togliere anche uo dei tre
    CODICE
    </div>
    che ti trovi lì ^^
     
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    Guardai Alison con la coda dell'occhio, solo per un istante. Avevo la sensazione che, dietro quelle parole un po' spigolose sulle nuove generazioni, ci fosse qualcosa in più che riguardava una vicenda personale che le dava particolarmente fastidio. Qualcosa che aveva a che fare con sua sorella, ipotizzai, senza comunque voler davvero andare in fondo alla questione: non desideravo impicciarmi dei suoi affari personali, né spingerla a dire più di quanto si sentisse di fare. Mi piaceva semplicemente parlare con lei, del più e del meno, con leggerezza.
    Risi, una risata spontanea e spensierata, quando Alison definì i ragazzi più giovani dei piccoli sbruffoni. <<Credo che l'educazione impartita giochi un ruolo fondamentale, anche se il carattere influisce sicuramente.>> Dissi, distrattamente. Ciascuno di noi aveva senza un dubbio una propria personalità, con componenti genetiche, ma molto dipendeva dal proprio stile di attaccamento, dall'ambiente in cui viveva, dall'educazione. E, in effetti, proprio di questo parlò la ragazza qualche istante dopo, specificando che il compito di crescere e far maturare i ragazzi era della scuola e degli insegnanti, ma anche dei genitori: mi trovava assolutamente d'accordo con quel punto di vista, dato che spesso era complesso svolgere a dovere il mio lavoro proprio perché non si condivideva lo stesso progetto educativo con la famiglia, che in alcuni casi finiva anche per remarti contro.
    <<Il mio lavoro sarebbe molto più facile se tutti la pensassero come te.>> Asserii con una punta di ironia, voltandomi a guardarla con l'ombra di un sorrisetto divertito. <<Tu di cosa ti occupi attualmente?>> Le chiesi poi, senza l'intenzione di essere invadente. Volevo continuare a fare un po' di conversazione e, fino a quel momento, avevamo parlato solo del mio lavoro. <<Sei nel campo dell'educazione?>>

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    Grazie mille! Sono una frana con queste cose! :/
     
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    Più il tempo passava e più faticavo a capire se Daniel mi stava prendendo per una vecchia ciabatta intrappolata nel corpo di una ventitreenne (il che poteva essere il motivo per cui se la rideva) o se era troppo educato per fare domande sulla mia salute mentale (non abbastanza, però, da evitare di farsi due ghignate a mie spese). Giuro, era...destabilizzante. O forse era semplicemente il mio cervello bacato a fare di tutto per impedirmi di sostenere una conversazione normale - perché, una discussione del genere sarebbe normale? - con una persona mentalmente matura. In poche parole, poteva benissimo essere che quell'ammasso di materia grigia che abitava nella mia scatola cranica cercasse di mettermi i bastoni tra le ruote. E, se così fosse stato, perché mai doveva sempre ritorcersi contro di me? Non poteva colarmi fuori da un orecchio durante la notte e andarsi a cercare qualcuno che gli andasse più a genio?
    D'accordo, era un'immagine davvero orribile.
    Io sono dell'idea che influisca, ma che influiscano parecchio anche un paio di ceffoni al momento giusto, brontolai, tra me e me, ripensando a quante paia di ceffoni mi ero beccata io, momento giusto o momento sbagliato. Eppure dovevo ammettere che ero cresciuta bene...a parte qualche serio problema di autostima. Se non altro non ero una faccia di bronzo come mia sorella.
    Accidenti, dovevo davvero cominciare a sembrargli una squilibrata...il che, forse, non era troppo lontano dalla verità.
    Uh...dici davvero? Bofonchiai, quando Daniel disse che il suo lavoro sarebbe stato molto più semplice se più gente l'avesse pensata come me. Diventai istantaneamente color pomodoro maturo. Ammesso e non concesso che le sue parole fossero sincere - e anche se non lo fossero state avrebbero potuto avvalorare la tesi che lo voleva una persona veramente molto educata - avrebbero risolto quel dubbio che mi ronzava nel cervello. Certo era, comunque, che le mie erano idee un pelino antiquate, per una ragazza della mia età.
    Io? Chiesi, strabuzzando gli occhi, quando mi chiese che cosa facevo, ipotizzando che operassi anche io nel campo dell'educazione. No, decisamente no, risposi, scuotendo la testa con aria divertita al pensiero delle conseguenze di un'ottica come la mia in un campo del genere. In realtà aiuto nel ristorante dei genitori della mia migliore amica, aggiunsi poi, stringendomi nelle spalle. Così, giusto per non restarmene con le mani in mano finché non trovo qualcosa di meglio e per restare fuori di casa il più possibile, completai mentalmente.
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    Alison sembrava essere una persona che teneva parecchio al fatto che i giovani avessero un'educazione rigorosa, accorta e severa. Alle sue parole, feci istintivamente un volo pindarico ad altre epoche, quando l'educazione dei figli era non solo essenziale ma fondamentalmente tutto: la progenie rappresentava la forza lavoro, il nome del casato, in alcune società persino il popolo stesso. Per questo, spesso, venivano utilizzati metodi alquanti bizzarri, se non addirittura raccapriccianti, per impartire alle giovani leve regole e valori. Strinsi leggermente gli occhi, cercando di scacciare quei pensieri ed alcune immagini rimaste inevitabilmente impresse nella mia mente nonostante i secoli.
    <<Credo che l'educazione debba essere veicolata senza ricorrere alle punizioni fisiche.>> Osservai, rivolgendo ad Alison una breve occhiata da sotto le ciglia. <<Con questo non dico che non ci siano ragazzi che hanno bisogno a volte di un piccolo incentivo, ma ritengo non ci sia neppure da esagerare in questo senso.>> Non reputavo che dei sani valori di vita potessero davvero essere inculcati con la paura o la minaccia di schiaffi o ceffoni: quelli potevano semmai servire solo in circostanze particolari, di fronte a mancanze particolarmente gravi.
    Anche se avevamo forse posizioni leggermente divergenti da quel punto di vista, ciò non significava che non continuassi a reputare Alison una persona potenzialmente adatta a svolgere un lavoro nel campo dell'educazione. Sarebbe stata in gamba, probabilmente, perché traspariva la sua grande passione verso quell'ambito e --forse-- anche un certo desiderio di aiutare le nuove leve a crescere nel migliore dei modi: questa, almeno, era l'impressione che quella bella ragazza mi dava, a pelle.
    <<Capisco...>> Asserii, pensieroso, quando mi rispose che in realtà non lavorava in quell'ambito ma dava una mano in un ristorante, in attesa di trovare qualcosa di meglio. Dopo qualche istante di silenzio, in cui cercai di fare mente locale per non correre il rischio di dirle una cavolata, ripresi la parola. <<Se può interessarti, so che nella mia scuola cercano dei tutor per aiutare i ragazzi nei compiti pomeridiani.>> Le comunicai, ricordandomi di un avviso affisso in bacheca. <<Puoi provare a chiedere informazioni, se credi che il lavoro possa piacerti.>> Lo buttai lì, alzando leggermente le spalle.

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    Non avrei mai creduto di rimpiangere i ceffoni ben assestati di mio padre che piovevano puntuali come orologi svizzeri ogni volta che combinavo una marachella (per quanto lasciare in disordine i giocattoli o bisticciare con mia sorella potessero essere considerati marachelle). Eppure, eccoci qui. Probabilmente cominciavo a entrare - precocemente, credo - in quella fase in cui il comportamento dei propri genitori passa dall'essere un'enorme e insopportabile scocciatura all'avere un certo senso. Avrebbe davvero potuto essere quello il caso, se solo non fossi stata fermamente convinta che i miei stessero sbagliando tutto con mia sorella. Avessero dato a lei metà dei miei ceffoni, forse ci avremmo guadagnato entrambe. Mia madre era solita dire che ero semplicemente gelosa e che "ragionamenti del genere da una della tua età vogliono dire che hai un'età mentale ridicola". Magari era vero, ma non credevo proprio di essere gelosa di mia sorella. Piuttosto pensavo che fosse ingiusto un divario tanto grande tra l'atteggiamento che mamma e papà avevano tenuto nei nostri confronti. Era difficile da spiegare, ma se mi avessero chiesto di essere trattata come veniva trattata mia sorella avrei risposto un "no" categorico.
    Beh, sì, no, ecco, senza esagerare...nel senso, quando ci vuole ci vuole...all'occasione, ecco..., risposi quando Daniel notò che l'educazione andava somministrata senza l'ausilio di punizioni corporali, anche se vi si poteva ricorrere come ultima spiaggia. Perfetto, ora cominciava a vedermi come una pazza violenta. Possibile che non fossi mai capace di trasmettere quello che pensavo realmente? Dovevo soffrire di una qualche specie di ritardo, per forza.
    Quando gli spiegai che, al momento, davo una mano come cameriera, Daniel si fece pensieroso, soppesando chissà quale aspetto della questione. Tutto divenne un pochino più chiaro quando mi informò che nella scuola dove lavorava - ovvero il mio vecchio istituto - cercavano una persona che aiutasse i ragazzi con i compiti.
    Oh. Beh, ecco, potrebbe anche essere un'idea carina, dissi quando mi suggerì di provare a informarmi, se la cosa poteva interessarmi. Immediatamente il mio cervello mi ricordò che non sopportavo nemmeno di aiutare mia sorella con i compiti, figurarsi altri ragazzi. Mentalmente, feci notare alla mia materia grigia che mia sorella era un irritante e strafottente accumulo di cellule epiteliali che si sentiva autorizzata a prendermi a pesci in faccia dal modo in cui i miei genitori si ostinavano a difenderla ogni qualvolta decidevo di mettere becco nelle questioni che la riguardavano.
    Penso proprio che proverò a considerare la questione, conferma, annuendo tra me e me. Grazie della soffiata, aggiunsi, sorridendo timidamente. Mi sentivo sempre terribilmente in colpa quando gli altri cercavano di aiutarmi.
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    L'insicurezza di Alison mi faceva a volte sorridere: un sorriso di tenerezza, non di scherno. Ero infatti piuttosto sicuro che, spesso, si sottovalutasse e tendesse a sentirsi meno capace e in gamba di quanto in realtà non fosse. Non mi sfuggì infatti una nota di imbarazzo di fronte alla mia proposta e, forse, persino un po' di reticenza nel ritenersi in grado di svolgere quel compito.
    <<A volte vale la pena provare, si rischia di scoprire molte nostre potenzialità che prima ignoravamo.>> Le suggerii, facendole l'occhiolino. Trovavo bella, forse addirittura affascinante, la freschezza della giovane età: quel senso di insicurezza, misto a curiosità, desiderio di trovare il proprio posto nel mondo e contemporaneamente di realizzarsi dal punto personale. Era in un certo senso un dono che veniva fatto agli uomini e che poi, inesorabilmente, veniva perso man mano che gli anni passavano...
    <<Ottimo!>> Esclamai, quando finalmente la ragazza mi confermò che avrebbe provato ad informarsi e a considerare la questione. Pensavo avesse tutte le potenzialità e i requisiti per fornire un valido aiuto ai nostri ragazzi, quindi mi auguravo trovasse interessante l'offerta di lavoro e venisse selezionata: sarebbe stato anche divertente, ritrovarla a scuola nei prossimi mesi.
    Indicai con un cenno del capo il parcheggio nei pressi del quale eravamo appena arrivati, oltre la spiaggia. <<Temo di dover andare.>> Annunciai, guardando l'orologio e notando che erano passate le quattro del mattino. Oltre due ore di conversazione con Alison mi avevano fatto bene, forse mi avevano quasi rigenerato, perché il mal di testa era fondamentalmente sparito: probabilmente, avrei provato a tornare a letto per riposarmi un po' in vista della giornata che mi attendeva. <<Spero di vederti a scuola!>> Le dissi con un ampio sorriso. <<Mi ha fatto molto piacere conoscerti.>>

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    Quasi nello stesso momento in cui avevo detto ad alta voce che avrei preso in considerazione l'idea di informarmi su quel posto di lavoro, mi resi conto che forse non ero tagliata per quel ruolo. Insomma, non ero mai stata la prima della classe e, ormai, tante delle cose che avevo studiato le avevo rimosse (specialmente gli argomenti di matematica, fisica e geometria). Magari era meglio evitare...o magari era il caso che la piantassi di fasciarmi sempre la testa prima del tempo. Con un atteggiamento del genere non avrei mai trovato il mio posto nel mondo e, in fin dei conti, l'idea di girare come un trottola all'infinito non era forse peggiore? E poi, comunque, il fatto che chiedessi informazioni non significava che sarei stata scelta, no? Di sicuro chi aveva pubblicato l'annuncio era perfettamente in grado di giudicare se fossi adatta a svolgere quel compito o meno. L'unica cosa che dovevo fare io era prendere il coraggio a due mani e andare a metterci la faccia. Tutto qui. E le parole di Daniel sembrarono rispondere perfettamente a quello che stavo pensando.
    Sì...immagino di sì, risposi, stringendomi leggermente nelle spalle, non del tutto convinta. Solitamente di notte tutte le idee sembravano valide...peccato che, la mattina, alcune si rivelassero davvero assurde. E quante volte mi era successo...!
    Decisi, comunque, che non mi sarebbe capitato nulla di male se fossi andata a capire meglio di cosa si trattava.
    A forza di camminare eravamo arrivati nei pressi del parcheggio. Avevo completamente perso il senso del tempo e non avevo idea di che ore fossero. A giudicare dal leggero chiarore che cominciava a diffondersi sulla linea dell'orizzonte doveva essere piuttosto tardi. O presto, dipendeva dai punti di vista. Sbirciando l'orologio, Daniel disse che, per lui, era ora di andare e, di certo, lo era anche per me. Ora che ci facevo caso, cominciavo ad essere vagamente assonnata e l'idea di appoggiare la testa sul cuscino per qualche ora non mi dispiaceva affatto.
    Sì, credo valga lo stesso per me, commentai, abbozzando un sorriso un po' colpevole. Forse l'avevo trattenuto più del previsto. Magari non aveva in programma di restare in giro fino a così tardi. Mi sembra alquanto maggiorenne e vaccinato, se avesse voluto avrebbe tranquillamente troncato la conversazione prima, stupida, mi "rassicurò", a modo suo, la mia mente.
    Ha fatto piacere anche a me. Grazie della chiacchierata...e soprattutto della dritta sull'annuncio, risposi, stringendomi nelle spalle mentre rovistavo nella borsetta alla ricerca delle chiavi della mia macchina, parcheggiata a qualche passo di distanza. Ne erano rimaste solo tre, nel parcheggio.
    Allora...buonanotte. O buongiorno, dipende, aggiunsi, ridacchiando imbarazzata.
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